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venerdì 18 gennaio 2013

LA GIUSTIZIA SOCIALE - GIUSTIZIA PENALE


     
      LA   GIUSTIZIA  SOCIALE   per una " NUOVA ERA "                                                                     www.movimentodellavoroedellacooperazione.blogspot.com  )




Cosa deve intendersi per “ GIUSTIZIA  SOCIALE “ :
La  puntuale  applicazione  e  realizzazione  nella vita sociale del Paese dei  principali e  fondamentali  principi normativi  contemplati  nella  COSTITUZIONE della REPUBBLICA ITALIANA  ,  i  cui  capisaldi  sono costituiti dal “ Lavoro “  e  dalla  “ Sovranità popolare “ .  
Al fine di poter realizzare una vera e propria  “giustizia sociale “,  gli Organi Istituzionali dello Stato  ( Parlamento  e Governo ) , oltre che richiedere nei confronti dei cittadini l’adempimento dei doveri stabiliti nella Costituzione medesima,   DEVONO garantire  ad ogni cittadino , attraverso l’esercizio delle funzioni dei propri Organi ed Enti politici e amministrativi , il pieno  rispetto e  l’attuazione di taluni importanti diritti che riguardano  :
-         Il diritto alla parità sociale e alla uguaglianza davanti alla legge(art.3)
-         Il diritto al lavoro ( art. 4 )  e  alla  tutela  del  lavoro ( art. 35 ), il diritto di collaborazione al lavoro ( art.46 )
-         Il diritto di libertà personale e di manifestazione del pensiero ( da art. 13 a art.21. )
-         Il  diritto di voto ( art. 48 ) e il diritto di associazione ( art. 49 )
-         Il diritto ad  una effettiva giustizia  fiscale  ( art. 53 )
-         Il diritto ad una efficiente ed efficace giustizia civile e penale ( art. 27  e art. 101 e seg )
-         Il diritto alla tutela della sicurezza e della salute ( art. 32 e 38 )
-         Il diritto all’istruzione ( art. 34 )
                            
                                   

PROPOSTA  DI  RISOLUZIONE  DEL  GRAVOSO  PROBLEMA  DEL  SOVRAFFOLLAMENTO  NELLE  CARCERI  ITALIANE

  Premesso  che  l'art. 27 della Costituzione vieta  che una pena detentiva sia  in violazione dei diritti umani e prevede  che la pena deve tendere alla rieducazione del carcerato e  che  la  situazione  in cui versano gli Istituti  e strutture abitative penitenziarie italiane ha raggiunto e superato ormai drammaticamente  livelli di sopportabilità  e  decenza  umana, 
-Innanzi tutto è assolutamente necessario che vengano emessi provvedimenti legislativi volti a ridefinire giuridicamente  l’Istituto penale riguardante l’ordinamento penitenziario e precisamente rivedere la possibilità  , in ordine alla esigenza  della  sicurezza sociale sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà nei confronti di chi ha commesso  reati ,  di una  effettiva distinzione  applicativa nei confronti dei soggetti  , fra  reati gravi ( per esempio , . quelli che comportano pene dai cinque anni  ed oltre,)  e reati  meno  gravi, le cui pene previste sono inferiori . Cioè, tenere in luoghi e  reparti ben distinti i soggetti rientranti nel primo caso da tutti quegli altri.  Altresì, applicando  una  ulteriore importante  distinzione , sempre in ordine alla situazione giuridica processuale personale,  riguardo alla  collocazione  detentiva, fra chi è in attesa di giudizio e chi invece  deve scontare una pena divenuta esecutiva.
Per poter tradurre nella  realtà una  tale importante riforma , che  verrebbe  a  costituire  sicuramente in  modo molto  più  ragionevole e  umano   l’applicazione della giustizia penale , indubbiamente si  rendono  indispensabili maggiori strutture  penitenziarie  e  più  personale qualificato, addetto alla sorveglianza.
Allo stato  delle cose , vista la gravissima situazione di sovraffollamento nelle carceri  e  la  reale  confusione di convivenza  in  merito  alle fattispecie sopra considerate, ad eccezione di quei soggetti rientranti nella applicazione dell'articolo 41-bis ( Il c.d. carcere duro) della Legge 26/7/1975 n.354,  e  viste le attuali reali  difficoltà di carattere organizzativo  ed  economico in cui versa il nostro Paese,  si  vuole  avanzare  la  PROPOSTA , innanzi tutto ,  di  poter  rimettere in efficienza talune  tuttora  esistenti strutture  penitenziarie  dismesse e rimaste abbandonate, ma ancora utilizzabili, e  quindi inoltre  considerare come  iniziativa interessante , al fine di acquisire una più ampia disponibilità allocativa, la possibilità di  adibire le  ex  caserme  militari , ormai  dismesse, come   strutture nelle quali  ospitare  i soggetti , però sempre riguardo ai reati non gravi, sia quelli che si trovino in attesa di giudizio , sia quelli che debbano scontare pene inferiori , per esempio ai cinque anni.
Si tenga presente che le strutture prima utilizzate come caserme militari si presentano idonee allo scopo, dato che conservano le caratteristiche tipiche di locali in cui la sicurezza , appunto dal punto di vista  strutturale,  è un fattore già esistente.
 E  riguardo al personale addetto alla custodia cautelare, si può  ricorrere alla  assunzione anche di  persone aventi la qualifica di assistente sociale, specialmente se nei luoghi di restrizione  si  pongono in essere  attività  che  comportino  applicazioni  ed  impegni di carattere lavorativo e  culturale, volti al recupero e  reinserimento dei soggetti nell’ambito del sociale.
Quanto sopra, può essere  realizzato in tempi non necessariamente  lunghi e soprattutto non  comporta  oneri rilevanti di spesa  e   viene  a  costituire una  soluzione  proficua  organizzativa e di civiltà ; tutto ciò , chiaramente, in aggiunta alle norme  di legge, già esistenti,( La legge Gozzini , legge n. 663 del 1986,che dispone una serie di misure alternative alla detenzione in carcere in favore di coloro che hanno commesso un reato).Inoltre, la necessità di legiferare in merito ad una depenalizzazione dei reati considerati minori.